My Book! :)

Ok... Questa è una pagina molto speciale x me, poichè contiene il progetto più prezioso che ho! Esatto! Sto scrivendo un libro! ^o^  E in cerca di qualcuno che se ne interessi lo posto qui, anche se lo vedrete avanzare molto lentamente perchè il tempo che ci dedico, x quanto mi dispiaccia, è poco... T_T Quindi spero che avrete pazienza e mi raccomando rileggete sempre le parti indietro, perchè potrebbero cambiare radicalmente! X un animo volubile come il mio per forza! >.> x) Cmq mi raccomando commentate! :)
Bye Ricchan* 
 







BLUE SHADE
L’OMBRA DELL’ OCEANO


L’ ombra dei tuoi ricordi rimarrà
per sempre legata alla tua anima…

CAP. UNO
UN SEGRETO?

Era una mattina come tante. Ma per una persona era una giornata importante.
Il mare della California era mosso, perfetto per le finali della Grande Gara di Surf.
In una piccola casa di periferia, vicino al mare, qualcuno era in ritardo…
- Liz! - La chiamò suo fratello Matt.
Due occhi di zaffiro si aprirono di scatto. In fretta e furia una quattordicenne spettinatissima si vestì e si fiondò giù dalle scale. Purtroppo la ragazza mancò un gradino e ruzzolò fino a cadere col naso schiacciato a terra.
- Liz? – La chiamò Matt che aveva sentito un gran trambusto. - Sono qui, sono qui…- Disse massaggiandosi il naso ed entrando in cucina.
- Oh, Liz! E’ successo di nuovo? – La guardò con aria divertita, mentre lei gli lanciava un’occhiataccia e cambiava discorso:- Cavolo, perché non mi hai svegliata prima, ho dormito troppo!
- Io ci ho provato, ma non arrivava mai risposta! E poi, scusa, da quando tu dormi poco? - Il ragazzo stava preparando la colazione.
- Guarda che non sono l’ unica a svegliarmi tardi! Vogliamo prendere per esempio quella volta che siamo arrivati tardi a scuola per colpa tua?!
Matt rise. – Mamma mia quanto sei puntigliosa!- Poi vedendo l’aria irritata di sua sorella aggiunse:- E va bene, e va bene… Ma è successo solo una volta! – Disse il ragazzo sventolandole la paletta da uova sotto il naso - E allora, sentiamo, chi è che ti prepara sempre la colazione?
La ragazza rimase zitta, non sapeva come ribattere. S’imbronciò. Odiava non avere nessuna parola con cui rimbeccarlo.
Matt appoggiò sul tavolo della cucina un paio di uova col beacon e un bicchiere di latte, per la ritardataria facendole apparire sorriso da orecchio a orecchio.
- Mangia, ne hai bisogno.
Liz non replicò, era già occupata ad abbuffarsi della buonissima colazione. Adorava la cucina del fratello. Al contrario lei era una vera e propria frana ai fornelli.
Matt la guardò affettuosamente. - Solo io so come farti tornare il buon umore!- Sorrise.
Era piuttosto slanciato e i capelli gli cadevano spettinati sugli occhi nocciola.
Nessuno avrebbe mai pensato che quei due fossero gemelli.
Proprio così. Mattew ed Elizabeth Corwett.
Stessa casa, stesso cognome, stessa scuola e stessi genitori.
Anche se questi ultimi erano venuti a mancare già da parecchi anni. I due vivevano principalmente soli, anche se sotto la custodia di uno zio che li manteneva con qualche contributo economico da chissà quale posto. Lo avevano visto poche volte, e a quanto pareva era un giramondo, sempre in viaggio e mai reperibile. Ogni tanto arrivavano delle lettere da parte sua per le feste, ma per il resto non si faceva mai sentire. 
La ragazzina era molto fiera di essere così indipendente ma qualche volta le mancavano le attenzioni di una madre e un padre. In quanto al fratello, si era completamente adattato all’ assenza di figure materne o paterne. Lui era l’uomo della famiglia, e doveva dimostrare di essere forte. Era così che aveva trovato un buon lavoro al porto e riusciva a mantenere se stesso e sua sorella, insieme alla piccola casa.
Finirono di mangiare in fretta, dopodiché, presa tuta da surf e tutto il necessario per la spiaggia, uscirono di casa. Era una giornata splendida e il sole riscaldava l’aria, mossa da un vento lieve.
Non dovettero fare tanta strada, poiché abitavano vicino a dove si sarebbe svolta la gara di surf ed era loro abitudine andare lì a praticarlo.
Arrivati, s’iscrissero. Liz era entusiasta e continuava a saltare come una molla di qua e di là. Non vedeva proprio l’ora dell’inizio della competizione.
- Non sto più nella pelle! - Ripeteva con foga. Era sempre stata così: impaziente.
Adorava stare in acqua, ma soprattutto praticare surf! Le era sempre piaciuto, fin da quando era piccola e suo padre la lasciava tutto il giorno sulla spiaggia a giocare. Aveva pochissimi ricordi di lui, solo immagini sfocate e con poco senso logico. Con Matt non parlava mai di quest’argomento perché sapeva che si sarebbe rabbuiato e se c’era una cosa che le dava fastidio, era proprio vedere il fratello a terra.
Comunque fosse, da alcuni anni a quella parte, non andava in spiaggia solo per fare surf. Oh, no. C’era anche un'altra ma non meno importante ragione. E questa aveva un nome.
Jace!
Era un ragazzo, intorno ai diciotto anni, che le piaceva moltissimo, nonostante non ci avesse mai parlato e lo avesse sempre guardato da lontano.
Il tipico californiano perfetto: fisico allenato, capelli corti e biondi, sorriso smaliante… Insomma, tutte le caratteristiche che fanno di un ragazzo normale, il ragazzo ideale! Oltretutto era un surfista professionista per cui nutriva grande stima e un certo senso d’invidia.
Si alzò in punta di piedi e lo cercò con gli occhi, senza accorgersi che suo fratello si era allontanato per avvicinarsi alla linea di partenza.
Liz non riusciva proprio a vederlo: sconosciuto… sconosciuto… sconosciuto…
Strano. Molto strano. Che un surfista bravo come lui non fosse arrivato in finale sarebbe stato un molto singolare, ma si sentì frizzante all’idea di essere diventata più brava di lui.
- Senti, Matt, sai per caso se quel Jace Zender parteciperà alla competizione? - Disse arrossendo fino alla punta dei capelli. – Cioè, non che mi interessi particolarmente… Ma… ecco… vedi… Mi chiedevo solo se uno come lui non avesse potuto arrivare in finale… E’ così bravo…- Si girò con le orecchie in fiamme verso suo fratello. O almeno nel posto in cui si aspettava di trovarlo. Solamente che c’era un’altra persona davanti ai suoi occhi.
- La risposta è sì, partecipo… Perché il campione in carica non avrebbe potuto arrivare in finale, dopo tutto?-  Disse Jace in tono saccente.
La ragazza avrebbe voluto sotterrarsi. Finalmente il suo principe si decise a voltarsi verso di lei.
- Posso sapere il tuo nome, bimba? Sei una mia fan? – Domandò con espressione beffarda.
Elizabeth era pietrificata; la sua bocca si rifiutava di dire la più semplice delle parole.
“Certo, certo. Deve essere di cattivo umore, perchèèè… Perché dai, non è possibile che lui possa avere un carattere simile… Quindi datti una calmata e prova a spiaccicare qualche parola, maledizione!”
Dopo aver cercato di mettere in piedi una frase di senso compiuto, prese un respiro e rispose. - Bhè, intanto piacere, io sono Elizabeth Corwett. Non sono proprio una tua fan… Diciamo più una rivale. Partecipo anch’ io!- Disse con una punta d’orgoglio. Jace piantò i suoi occhi azzurri nei suoi, e a lei sembrò di sciogliersi sotto quello sguardo di ghiaccio. Ma il suo volto era cambiato. Non assomigliava più all’angelo che si era sempre immaginata. La sua espressione era arrogante. “Quindi una bimba come te spera di battermi? Dai, non scherzare! Cresci un po’, e forse tra qualche anno sarai in grado di chiamarti surfista! Anche se ne dubito fortemente…” Poi, come se avesse detto la cosa più naturale del mondo, se ne andò.
Liz era letteralmente allibita. Chi avrebbe mai immaginato che il suo Jace avesse un caratteraccio simile! Questo fatto metteva in pratica benissimo il detto “Non giudicare mai un libro dalla sua copertina!”
Alla fine qualcosa si incrinò. “Bimba a me??? Riprova tra qualche anno???”  L’ imbarazzo, fece posto all’indignazione.
“Ma che gentile!!! Te le puoi scordare le mie attenzioni!” Gli gridò dietro, ma lui non si girò neanche.  “Menefreghismo totale, eh??? Bene, allora…”
- Ti farò vedere di cosa sono capace, e poi verrai a chiedermi scusa, quando avrò vinto!
Che faccia tosta aveva a trattarla così. Come se fosse una povera stupida che non capisce nulla di surf! Le faceva rabbia solo a pensarci. Del sentimento che aveva provato fino a qualche minuto prima, non ne era rimasta traccia. Tutta rossa per i nervi, cominciò a sgomitare tra la ressa di gente per trovare quel traditore di suo fratello che scovò poco più avanti, a godersi le esibizioni degli altri surfisti. Lo punì con un sonoro pugno sulla spalla, a cui lui rispose in altrettanto modo. “I prossimi siamo noi” La informò.
Liz era impaziente. Non solo perché stava per fare una cosa che le piaceva tantissimo, ma anche perché non vedeva l’ ora di prendere un punteggio più alto di quello di Jace! E lo avrebbe preso! Voleva fargliela pagare, voleva umiliarlo! Sapeva bene che una reazione così era piuttosto infantile, ma lei era fatta così. Aveva un carattere impetuoso, e guai a mettersi contro la “Liz competitiva”, perché si sarebbe finiti molto male! - Jace Zender ed Elizabeth Corwett sono pregati di recarsi alle posizioni nord! - Si sentì urlare lo speaker al microfono. “Perfetto! Adesso ti faccio vedere io…!” 
- Matt Corwett e Clhoe Winzard, invece, si posizionino in zona centrale!- Il ragazzo, arrossì fino alla punta dei capelli. Clhoe era una loro compagna di classe, e si vedeva che gli piaceva. I gemelli si scambiarono un’occhiata d’intesa.
- Vedi di vincere!
- Per chi mi hai preso? Ovvio che vincerò! – E dopo essersi battuti il cinque ognuno andò per la propria strada.

La ragazza si affrettò a raggiungere il punto di partenza e arrivò che Jace era già pronto e concentrato. Ora che lo guardava bene, si chiese come avesse fatto a piacerle fino ad allora. Si mise in posizione e cercò di svuotare la mente. Quando sentì il segnale di partenza, scattò in avanti per raggiungere il mare. Quel tipo poteva anche essere bravo, ma lei aveva un segreto. Un segreto che non aveva mai confessato a nessuno, nemmeno a suo fratello.
Lei respirava sott’acqua!

Senza guardarsi indietro, entrò nel maree gelido, si mise a pancia in giù sulla tavola e cominciò a spingere con le braccia. Subito arrivò un’onda, ma lei non la prese, perché troppo bassa. Anzi, ci passò sotto, immergendosi. Quando riemerse, notò che la bella giornata di due minuti prima era svanita. Adesso, il cielo era plumbeo e le nuvole minacciavano temporale. Le onde cominciarono a farsi sempre più alte e impetuose. “Benissimo! Con queste la mia vittoria è assicurata!” Sentì lo speaker che dava l’allarme di tempesta e ordinava a tutti di uscire, ma lei non ci badò. Continuò ad andare avanti per cercare un’onda da cavalcare. Poteva farcela. Anzi, doveva!
Nonostante fosse concentrata sul suo obiettivo, fu distratta da un’ombra che veniva sommersa da un onda. Era suo fratello! Non fece in tempo a chiedersi perché non era uscito dal mare, che subito si era sganciata dalla sua tavola e si era lanciata verso di lui. “Quello stupido!” Pensò.
Dopo che il mare lo aveva inghiottito, non lo aveva più visto salire. L’angoscia aumentò. E se non fosse arrivata in tempo? Scacciò via quell’idea, e cominciò a nuotare con più foga con le braccia che le facevano male dallo sforzo. Non poteva abbandonarla così! Non adesso che le rimaneva soltanto lui! Gli voleva troppo bene per lasciarlo andare… Solo allora si rese conto di quanto fosse legata a lui e del grande affetto che provava. Continuava a nuotare sempre più velocemente, ma era allo stremo. Sentiva il suo corpo diventare sempre più pesante.  All’improvviso, un’onda enorme di un blu scuro e spaventoso la travolse. Fu sbattuta talmente forte e a lungo che non capì più qual era il sopra e quale il sotto. Non riusciva a risalire, la forza della corrente era troppo forte, e continuava a sbatacchiarla di qua e di là portandola sempre più giù. Non riusciva nemmeno a respirare sott’acqua, come faceva normalmente, e non riusciva a capacitarsene. A un certo punto lo vide. Il gemello. La tavola sembrava essersi incastrata sul fondale, ma fortunatamente era riuscito a liberarsi.  La vista cominciava ad annebbiarsi. I polmoni le bruciavano, aveva bisogno di prendere fiato.
In quel momento Matt si girò verso di lei. Sul suo volto non c’era paura. Non terrore. Ma un grande ghigno maligno.
Liz allungò la mano, cercando di chiamarlo. La bocca si riempì d’acqua, togliendole il respiro. Senza esitazione, il fratello si diresse in superficie.
“Perché?” Ebbe il tempo di pensare. Pochi istanti dopo, il BUIO…


CAP. DUE
SOGNO

“Ci si sentiva così, da morti? Privi di sentimenti e di un corpo? Perché lei non percepiva nulla, né un corpo né un’anima. Allora non era come aveva sempre pensato. Per anni aveva creduto che la morte fosse piena di dolore, di sofferenza. Invece, niente. Tutto era avvolto nell’oscurità che sentiva penetrarle nel corpo, inghiottendola.
All’ improvviso sentì una voce. -Vieni da me…-  Piano piano Shiva si risvegliò da quel torpore che l’ aveva avvolta, sentendo di nuovo il peso travolgente della carne e della coscienza. -Vieni… Vieni…-  Continuava a ripetere. Con uno sforzo immane riuscì a chiedere - Chi sei?!-  Ma non ottenne risposta. Era freddo e tutto era immerso nel buio. La ragazza tentò di guardarsi intorno, ma era come se fosse sotto una campana di vetro, non sentiva e non vedeva niente. Solo la voce misteriosa sembrava penetrare quella barriera invisibile ai sui occhi. -Fai presto, non resisterò ancora a lungo… 
Nella sua testa rimbombò di nuovo quel lamento supplichevole di pochi istanti prima.
-Chi cavolo sei?!-  Nuovamente non ottenne risposta, ma ad un tratto vide uno spiraglio di luce aprirsi davanti a lei, e una figura indistinta delinearsi contro di essa. D’ istinto, ignorando la grande sensazione di freddo che provava, cominciò ad avvicinarsi. Quando fu prossima alla meta, si fermò. L’identità dell’ individuo, restava celata sotto il cappuccio di un mantello, ma in ogni caso  notò qualcosa di familiare in quella persona. -Sei tu che mi hai chiamato?- Chiese la ragazza in tono rauco. Per tutta risposta la figura si tolse la cappa e lei rimase basita. Davanti ai suoi occhi si presentò una ragazza dalla corporatura minuta ma slanciata dai lunghi capelli corvini, e si trovò fissata da due occhi blu cobalto. Ma era la sua copia esatta! Si ritrasse spaventata. Perché aveva davanti se stessa? Nello stesso momento in cui si fece la domanda, dietro a quella specie di facsimile, apparve suo fratello che la prese per la gola, il viso deformato da un sorriso maligno. Lei cominciò ad arretrare mentre nella sua testa cominciava ad esserci una gran confusione: perché, anche se era una sua riproduzione, la stava stritolando? Perché, anche se lei era estranea a quel corpo, cominciava a sentirsi soffocare?
La sua falsa se stessa però non si muoveva, era come se fosse un involucro vuoto privo di emozioni. Liz era sconcertata, spostava lo sguardo da suo fratello all’ altra, mentre la sua gola sembrava serrarsi sempre di più, togliendole il respiro.
Tutto d’ un tratto si ritrovò in acqua, i capelli che le fluttuavano vicino al viso. Rivide il volto di suo fratello mentre l’ abbandonava, sentì i polmoni riempirsi di nuovo d’acqua e il buio che piano piano arrivava. Ecco, succedeva un’ altra volta…”

CAP. TRE
INCONTRO

Era una notte senza luna. Era ora della Caccia. Il ragazzo indossò la casacca e il pantaloni di camoscio. Assicurò tutto con una cintura di pelle e indossò il suo giustacuore. Prese la faretra, dardi avvelenati, balestra e si avviò verso la porta di legno. Quando uscì trovò il suo amico Caal ad aspettarlo. - Alla buon’ora! Ti stanno aspettando tutti, Shade!- Lo salutò allegramente l’amico nerboruto. Il ragazzo non replicò si limitò solo a sorridere precedendo l’ amico sul ponte.
Arrivarono al Raduno sulla piazza dell’Albero Maggiore e lì c’erano i loro compagni ad aspettarli.
Macao, il capo spedizione, prese la parola: - Bene ragazzi, ora che sono arrivati anche i ritardatari- Lanciò un’occhiata fugace a Shade e a Caal: - Possiamo cominciare la Caccia!”
Dal gruppo di persone si levò un lieve brusio e piano piano tutti cominciarono a scendere percorrendo l’enorme tronco dell’ albero, mentre lentamente la Nebbia li inghiottiva.
Shade e Caal erano assieme mentre sentivano Macao ordinare di stare col gruppo e di guardarsi intorno. Stavano in silenzio, attenti ad ogni minimo rumore, poiché la vista non serviva attraverso quel bianco lattiginoso. Il ragazzo aveva la balestra stretta tra le mani e i nervi tesi. Non vedeva niente e al minimo errore avrebbe potuto uccidere uno dei suoi compagni. Avanzava piano un leggero sudore a imperlargli la fronte. C’era qualcosa che non andava. Non sentiva più né i passi del suo compagno dietro di lui né gli ordini del Capo Spedizione: - Caal- Lo chiamò. Silenzio. Era rimasto solo. Si guardò intorno, ma non vide nessuno né tantomeno udì suoni strani…
-Caal!- Lo chiamò di nuovo leggermente più forte.  Questa volta però sentì qualcosa. Non era la voce del suo compagno. No, quella non poteva essere la sua voce.



Perora del terzo capitolo ho scritto questo, ma la fine è ancora in progetto! Pensate che ho già scritto un bel po' tra il sogno e il risveglio, ma in mezzo c'è la parte del capitolo 3 ed è ancora work in progress per metà! T_T Sapete non è per niente facile trovare le parole giuste per descrivere certe scene! x) Ma comunque spero di riuscire ad aggiornarlo presto! Baci, Ricchan



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